Con il sostegno del MiBACT e di SIAE
nell'ambito del programma "Per Chi Crea"
L’Ipca, fondata nel 1922 a Ciriè, un tempo produceva colori per tessuti con sostanze che si rivelarono tossiche, quali betanaftilamina e anilina. Gli addetti alle lavorazioni erano costretti ad operare in condizioni orribili, assolutamente ignari di ciò che sarebbe accaduto: 134 morti accertate di tumore alla vescica in soli cinque anni, anche se nel lungo periodo della vita dello stabilimento ce ne sono state molte di più e l’intera area fu dichiarata inaccessibile a causa del grave inquinamento che la fabbrica stessa aveva rilasciato nei campi circostanti.
Il dramma dell’Ipca e delle sue vittime furono portati all’attenzione dell’opinione pubblica da due ex operai ciriacesi che si impegnarono nella lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro, nella speranza di non vedere più morti: era il 1968. L’Autorità Giudiziaria del tempo capì l’importanza del problema e il processo penale che nacque, segnò l’inizio, non solo in Piemonte, della storia dei processi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo stabilimento chiuse definitivamente i battenti nell’agosto del 1982 e, nel novembre del 1996, il Comune ottenne dal Ministero dell’Interno un finanziamento per iniziare la bonifica del sito e dei terreni circostanti.